Autore: Carlo Macale

Solo se non si rinuncia ad educare istruendo si può mettere veramente a frutto l’unicità
e l’irripetibilità di ogni singolo individuo. Solo cosi ogni persona può essere protagonista
e costruire il proprio futuro in modi plurali, diversi ed innovativi.

Sono molte le sfide che rendono la scuola un contesto complesso e articolato: non solo i disagi emotivi che il Covid-19 ha provocato e le nuove emergenze che coinvolgono sempre più giovani (dipendenze, isolamento, etc.), ma anche la presenza di molteplici bisogni educativi speciali che richiedono ai docenti l’attuazione di strategie educativo-didattiche personalizzate. Per favorire un contesto scolastico attento ai bisogni di tutti, il Protocollo d’Intesa del 27/08/2020, sottoscritto tra MIUR e diverse Associazioni di pedagogia, ha cercato di promuovere, all’interno del contesto-scuola, una professionalità pedagogica in grado di interpretare le necessità del quotidiano, supportando i docenti, i familiari e gli studenti attraverso la consulenza educativa. Il presente articolo intende delineare il ruolo e le competenze del pedagogista scolastico, quale figura-chiave promotrice di un ambiente inclusivo, sensibile alle innovazioni e alle richieste sociali, in linea anche con gli obiettivi del PNRR.

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Fonte: Distefano, C. (2023). The pedagogist at school as a strategic figure for the promotion of individual wellbeing. Pedagogia oggi, 21(2), 242-248. https://doi.org/10.7346/PO-022023-30

Il pedagogista si occupa di cura, tutela ed educazione delle persone in relazione a un bisogno o a un problema di tipo formativo ed educativo, intervenendo sul progetto di vita e sull’orientamento al futuro, con interventi di tipo preventivo e di promozione delle risorse personali.

Un percorso di consulenza pedagogica offre l’opportunità di un affiancamento temporaneo, grazie al quale creare nuove basi relazionali per riuscire a utilizzare le proprie risorse in modo efficace, trovando gli strumenti necessari ad affrontare situazioni difficili, per un possibile cambiamento. Tutto ciò avviene utilizzando strategie in grado di costruire un ponte tra le difficoltà della persona e le sue potenzialità fino a far emergere e accrescere l’intero ventaglio delle sue abilità.

La consulenza pedagogica può essere rivolta a genitori e familiari che attraversano un momento di criticità nella relazione con i loro figli. Si rivolge sia alla coppia che al singolo genitore. L’obiettivo è di supportare i genitori aiutandoli a leggere la situazione da un altro punto di vista, fornendo loro informazioni utili sulle fasi di sviluppo e sulle dinamiche educative in gioco, in modo che possano trovare un modo operativo e personale per svolgere il proprio ruolo genitoriale. La consulenza non ha finalità diagnostiche o terapeutiche ma attraverso l’ascolto i genitori vengono supportati nel mettere a fuoco i problemi, connettere tra di loro le situazioni e individuare possibili soluzioni riscoprendosi così efficaci e competenti.

Nello specifico, il pedagogista si occupa di sostenere e aiutare i genitori nell’educazione dei propri figli; incrementare e rafforzare le competenze educative e genitoriali; potenziare le situazioni che presentano carenze e difficoltà educative.

Il Pedagogista può aiutare i genitori a leggere e comprendere meglio i comportamenti del proprio figlio e a capire la situazione specifica; individuare le soluzioni e le strade percorribili, tenendo conto della fascia di età del bambino; rafforzare il ruolo educativo di ciascuno dei genitori; attivare le risorse personali per fronteggiare e risolvere le difficoltà e a scoprire modi diversi di organizzare la quotidianità per sentire meno la fatica e rispondere meglio alle necessità dei figli.

La consulenza pedagogica è utile quando si crede di aver provato tutti i modi possibili per farsi ascoltare o per cambiare abitudini non più adatte a loro ma in modo non adeguato; quando, di fronte a un cambiamento significativo all’interno o all’esterno della famiglia, non si sa come fare a parlarne ai figli o quali atteggiamenti sia più utile avere; quando nelle nuove fasi di crescita dei figli ci si trova di fronte a nuove sfide educative e non si sa come gestire il momento.

Sono tante le domande che può farsi un genitore sull’educazione del figlio, come per esempio le seguenti.

Con figli piccoli:

• Mio figlio non mi ascolta, come posso fare?
• Sono giuste le punizioni?
• Mio figlio ha vere e proprie crisi di rabbia, cosa dovrei fare?
• Mio figlio non parla ancora, devo preoccuparmi?
• Mio figlio morde gli altri bambini, come devo fare?
• Come faccio a fargli rispettare le regole?
• Ho un figlio con disabilità e ci sono difficoltà a scuola, cosa devo fare?
• Ci stiamo separando, come comportarci con nostro figlio?
• Come faccio a convincere mio figlio a dormire solo nel suo letto?

Con i figli grandi:

• Mio figlio non comunica con me, come posso fare?
• Mio figlio non studia, è sempre “connesso” cosa devo fare?
• Mio figlio non vuole andare a scuola, cosa faccio?

Il punto di partenza è l’ascolto dell’esperienza di ciascuno, tramite un primo colloquio di un’ora massimo con uno o entrambi i genitori, per valorizzare ciò che talvolta si tende a tralasciare o a giudicare negativamente, come per esempio ciò che si percepisce come errore, imprevisto e conflitto. Questi possono diventare importanti spunti di riflessione per riequilibrare le dinamiche relazionali, creandone di nuove, inaspettate e più funzionali. Quindi, attraverso una prima analisi conoscitiva delle problematiche che più preoccupano viene dato, poi, ampio spazio alle domande, dubbi e perplessità così da individuare insieme delle soluzioni.

Al termine della consulenza il genitore può avere le idee più chiare su ciò che sta vivendo, sul motivo della propria fatica, o sulla fase di sviluppo che sta attraversando il suo bambino. La sensazione è quasi sempre quella di sentirsi subito più tranquilli e in pace con se stessi. Compresi e non più soli nel proprio percorso. Si potrà comprendere in quale direzione andare e cosa fare, in pratica, ogni giorno, per il raggiungimento dei propri obiettivi personali e familiari.

Fonte: Parentube – Dott.ssa Elisa Trezzi

Le separazioni familiari possono essere momenti di grande turbamento emotivo, soprattutto per i più piccoli. In questi momenti delicati, la pedagogia svolge un ruolo fondamentale nel fornire supporto e orientamento per garantire il benessere dei bambini coinvolti.

La pedagogia, come scienza che si occupa dell’educazione, si propone di comprendere e affrontare le dinamiche familiari durante le separazioni in modo empatico e costruttivo. Piuttosto che concentrarsi esclusivamente sulle questioni legali, l’approccio pedagogico considera il benessere emotivo e psicologico dei bambini come priorità assoluta.

Durante questo processo, è essenziale coinvolgere attivamente i genitori, incoraggiandoli a comunicare apertamente e a lavorare insieme per garantire la continuità educativa e il benessere per i loro figli. La pedagogia, come scienza pratico-progettuale, può disegnare percorsi e fornire strategie per affrontare quelle difficoltà collegate all’evento della separazione dei coniugi.

Inoltre, la pedagogia nelle separazioni familiari, qualora sia necessario, promuove il coinvolgimento di figure di supporto esterne, come pedagogisti, psicologi o mediatori familiari, per offrire un sostegno aggiuntivo.

Infine, è importante ricordare che ogni situazione è unica e richiede un approccio personalizzato. La pedagogia, da sempre, riflette sull’esperienza vissuta considerando ogni esperienza unica perché unico è il soggetto che la vive. Allo stesso tempo, però, è necessario leggere una situazione per proporre piste di miglioramento e azioni volte a superare momenti difficili, in primis creando un ambiente attento al benessere dei bambini.

Se avete domande o avete bisogno di supporto, non esitate a contattarci. Siamo qui per voi e per i vostri bambini.

Le professioni pedagogiche ed educative avranno il loro ordine e albo professionale, un nuovo passo che qualifica il percorso di queste professioni.

In queste settimane è stato approvato in via definitiva il Disegno di Legge su “Disposizioni in materia di ordinamento delle professioni pedagogiche ed educative e istituzione dei relativi albi professionali” (Atto Senato 788/2024).

Il percorso di riconoscimento delle professioni educative e pedagogiche è iniziato con l’approvazione della Legge 205/2017, commi 594-599, che recepivano l’iniziativa legislativa della Parlamentare e Professoressa Vanna Iori. La Legge su “Disposizioni in materia di ordinamento delle professioni pedagogiche ed educative e istituzione dei relativi albi professionali” prosegue l’importante percorso normativo di accreditamento pubblico e istituzionale.

L’ampio consenso parlamentare corrisponde ad una viva attesa e a un forte apprezzamento di tanti educatori e pedagogisti. Il provvedimento legislativo, composto di tredici articoli che in diversi passaggi riprendono la Legge 517/2017, specifica le disposizioni che configurano l’ordinamento delle professioni pedagogiche ed educative.

La prevista istituzione degli albi professionali sancisce l’operatività del riconoscimento giuridico. Pedagogisti ed educatori svolgono un ruolo fondamentale per lo sviluppo di un sistema di welfare a servizio delle persone, delle famiglie e delle comunità. Professionalità pedagogiche ed educative sovente impegnate nelle frontiere delle nostre società per contrastare le povertà e il disagio e promuovere lo sviluppo delle potenzialità di ciascuno in ogni età della vita.

Grazie a tutte le forze politiche che alla Camera dei Deputati e al Senato hanno assicurato, in modo unanime, il riconoscimento normativo alla professionalità degli educatori e dei pedagogisti.

Ogni disposto legislativo apre questioni applicative da chiarire, discutere e seguire con attenzione e spirito critico, nei diversi territori. La comunità scientifica della pedagogia universitaria italiana, mentre saluta con entusiasmo questa nuova fase che si apre, si impegna al confronto e all’approfondimento di temi e problemi scientifici nel vivo delle pratiche lavorative, in dialogo con gli stakeholder, accompagnando i processi di professionalizzazione.

Fonte: “Siped – Società Italiana di Pedagogia

Sono certo che un nostalgico della musica degli anni 80 leggendo il titolo di questa breve riflessione ha canticchiato l’omonima canzone dei Righeira. Forse questo tormentone scandisce, specie per coloro che sono nati nell’altro millennio, il proprio tempo di vita, un po’ come se fosse un secondo compleanno o un secondo capodanno.

L’estate al contrario delle altre stagioni è sinonimo di vacanze (prima o poi!), di tempo libero e poi come si dice, “è il momento di godersi i figli”. Non perché nelle altre stagioni non vi siano giorni di ferie o tempo libero, o peggio ancora, il tempo per stare con i figli. L’estate però …. è bella perché, perché in questa stagione, per una settimana, per due settimane, per un mese “il piacere”, ha la meglio sul “dovere”. Dove il proprio agire da adulto, pur restando responsabile e legato alla propria morale, è più soave perché non è immerso nel vortice delle cose da fare che ci accompagna, inesorabile, fino alla preparazione delle valigie per chi ha la fortuna di trascorre un po’ di tempo lontano dalla propria abitazione.

In questa atmosfera particolare, diversa dalla magia del Natale dove siamo tutti più buoni di default, anche i legami affettivi si scaldano, si “abbronzano” come la nostra pelle, indecentemente se si resta in città, si va in montagna o al mare. I legami più importanti nella vita delle persone sono tre, quelli famigliari, quelli amicali e quelli della polis. Ma siamo onesti…i terzi legami, in vacanza, li perdiamo un po’ di vista…ne è riprova questa estate che, nonostante le elezioni alle porte, in pochi parlano di politica, al massimo ci si limita a condividere qualche post su facebook.

Vorrei riflettere però solo sui legami e gli affetti famigliari, in particolare quelli genitori-figlio/a. L’estate è una stagione in cui questi legami si distendono (fanno eccezione qualche exploit adolescenziale, ma l’eccezione è la regola di questa età!) perché il tempo sembra scorrere più lentamente, perché non vi sono urgenze calcolate e scadenze troppo importanti. Dove, per esempio,  anche quell’arduo lavoro genitoriale di aiutare il proprio figlio a fare i compiti, non è accerchiato dal “preparare la cena”, “le altre materie”, “il voto che potrà prendere”, etc. E allora, pur restando decisi, i genitori sono più accomodanti fino a trattare sui tempi di svolgimento dei compiti e le pause. A volte si ride anche sugli errori! Non si teme di perdere troppo tempo, perché si scopre quanto è bello fare i compiti “insieme”.

E poi c’è il gioco! I figli riscoprono l’homo ludens ancora esistente nei propri genitori. Ci sono le carte, i giochi da tavola, la palla che rotola, i castelli di sabbia, i sassi nell’acqua. Indipendentemente se ci si sfida o si collabora, si vive una complicità nella relazione.  Forse nella vita ordinaria questa complicità si dissolve tra gli impegni extra-scolastici, il traffico cittadino e le mille cose da fare, compresi compiti (vedi sopra!) che, da esercizi di crescita, si trasformano in elementi di disturbo della quiete famigliare.

Incredibile, ma in estate non c’è bisogno neanche dei turni per “dare una mano in casa” o non è necessario ricordare chi aveva fatto cosa il giorno prima. Ma sì, alla fine quella corsa frenetica della quotidianità che richiede a tutti, piccoli e grandi, momenti di relax non c’è, perché si vive già in maniera tranquilla… giusto qualche ansia se si ha paura di perdere un mezzo per spostarsi nelle vacanze o se qualche figlio tarda un po’ troppo.

E vogliamo mettere che in estate ci si ricorda come il binomio natura e cultura, non è solo oggetto di nauseanti studi delle scienze umane, ma è un apripista relazionale per fortificare il legame tra genitori figli? le passeggiate in montagna, le visite alle città e ai loro monumenti, le nuotate, le visite ai musei, la partecipazione alle sagre del paese… Si scopre in assoluta normalità e a volte con un po’ di fatica fisica che si fa parte di un cosmo e si è dentro la storia del genere umano e questo senza gerarchia alcuna, ovvero indipendentemente se si è genitori o figli.

Ma la magia più magia dell’estate è che in questo tempo dove il tempo rallenta e si può scegliere cosa fare, ci si ascolta di più e a volte si vengono a sapere cose successe nell’anno feriale concluso che sembra assurdo non averne preso conoscenza al tempo debito. Anche il figlio che passa il 90% del suo tempo con gli amici a giocare, quando torna a casa quel 10% è ricco di parole. E poi si vedono genitori, in specie papà dobbiamo dirlo, rincoglioniti che parlano per ore con i neonati, loro dicono per dare sicurezza al figlio/a, ma siamo onesti, le carenze di affetto sono dei genitori! Sono loro che sanno di essere acceleratori del tempo quando non è estate e quindi fautori, a volte, di “blocchi” relazionali temporanei.

In estate spesso i figli ascoltano le storie dei genitori quando erano ragazzi senza “accusarli” di appartenere al medioevo(!), sono incuriositi delle loro relazioni da ragazzi e delle loro birbanterie. Anche il parlare di un monumento in città o di un fenomeno presente in natura diviene motivo per parlare di sé, di noi.

Ecco, l’estate sta finendo…un anno se ne va… sto diventando grande…lo sai che non mi va! (la stai ricantando vero?)

Facciamo tesoro di questo tempo estivo in cui il genitore è tornato un po’ bambino e il ragazzo ha dimostrato di essere cresciuto. Facciamo in modo che l’abbronzatura dei legami tardi a schiarirsi e quando vediamo che stiamo tornando bianchicci, ricordiamoci di rallentare il tempo. I genitori hanno questo potere! Possono rallentare il tempo, magari anche solo togliendo qualche impegno o prendendone altri con la stessa serietà, ma con maggiore serenità.

Il legame buono vale più delle cose da fare! In un recente studio su come sono cambiati i valori degli italiani negli ultimi cinquant’anni è scritto:

si evidenzia come la famiglia sia giudicata importante, ma il matrimonio decisamente meno. […] La perdita di importanza del matrimonio e la persistente importanza della presenza dei figli nel cementare l’unione coniugale conferma la peraltro la tesi espressa da Théry [1998] secondo cui laddove il legame di coppia si de-istituzionalizza (démarriage), il legame genitore figlio diventa la nuova istituzione sociale. Le generazioni più giovani non sembrano più centrate sul patto coniugale, ma sul «nuovo patto di filiazione», una relazione non negoziabile, diversamente da quanto avviene nella relazione di coppia, continuamente sottoposta a contrattazione e sempre più reversibile”[1].

Questo significa che nel caso di coppie ancora sposate e conviventi la relazione genitore/figlio sostiene anche la relazione fra gli adulti, mentre nel caso di separazione/divorzio è proprio la relazione genitore/figlio, in quanto relazione non negoziabile, a sostenere il legame famigliare e dare una continuità biografica.

Concludo dicendo che tutti, genitori separati o conviventi, dobbiamo comprendere l’importanza del tempo come categoria che accompagna l’incontro con il figlio. Ma l’estate ci dice una cosa di più…il tempo per stare con i figli non deve essere centellinato e soprattutto non deve sempre essere riempito di tutto per paura di un vuoto. Il tempo è riempito in primis con la presenza e poi con l’agire.

Questo monito vale per tutti, per coloro che hanno la fortuna di vivere quotidianamente coni figli, per coloro che li vedono secondo un tempo paritetico, per coloro che riescono a incontrarli qualche fine settimana e anche per coloro che possono stare con i figli solo qualche ora, magari anche con la presenza di un terza figura. Non pensiamo che il tempo sia solo un conto alla rovescia, pensiamolo come un tempo aperto al futuro! In questo i greci, con la distinzione fra chronos, come tempo lineare (tempus fugit) e kairos come significato e qualità temporale hanno ancora molto da insegnarci!

Quindi: l’estate sta finendo? Sì, ma non guardiamo all’anno che se ne va, guardiamo quanto di buono abbiamo fatto per costruire nuovi tempi relazionali tra genitori e figli che facciano star bene tutti, ma soprattutto promuovano il benessere dei più piccoli! Concludo rivolgendomi a coloro che debbono decidere sui tempi da dare a entrambi i genitori in casi di divorzio: non siate aridi nelle scelte, cercate ci comprendere che il tempo ha bisogno di tempo se so vogliono costruire solide relazioni. E se tra i lettori di questo articolo c’è anche un genitore che centellina il tempo con cui il proprio figlio può stare con l’altro genitore, spero che abbia potuto comprendere che il tempo non è un arma, ma un dono da fare figli per ìl loro bene e non può essere utilizzato come dispetto all’ex coniuge o compagno.

[1] Sara Mazzucchelli, Fare Famiglia: un cammino a piccoli passi, in  F.Biolcati, G. Rovati, P. Sefatti, Come cambiano gli Italiani. Valori e atteggiamenti dagli anni Ottanta a oggi, Il Mulino, Bologna 2020, p. 105 (97-113)