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Una delle domande più frequenti che mi sento rivolgere è: “oltretutto quello che verso ogni mese, mi chiede tot per spese di (…); gliele devo?”.

Ebbene, sappiate che questioni più dibattute, nella materia minorile, sono quelle create dalla giurisprudenza per rispondere alla domanda di giustizia da indisciplina (carente la normativa o presupponenza soggettiva); si pensi alla figura del genitore collocatario (non presente nella normativa ma praticamente onnipresente nella pratica), si pensi, ancora alle spese straordinarie contestate da uno dei genitori [spese straordinarie che assumono plurime colorazioni e che discendono da questo concepimento giurisprudenziale chiamato mantenimento straordinario volto ad adattare un elemento immutabile (l’assegno periodico) a ciò che è mutevole (le necessità di un bambino in crescita)].

Sappiamo, e questo è codificato, che i genitori debbono provvedere alle necessità del figlio e che lo debbono fare secondo le proprie risorse accompagnando le inclinazioni naturali del minore man mano che esse emergono.

Tuttavia, le fasi della vita di un minore, dalla nascita alla maturazione (fisica, psicologica, legale) sono davvero tante: Piaget, uno psicologo (oltreché filosofo, pedagogista e biologo svizzero) a metà del secolo scorso ne individuò bel 5: la prima infanzia (da zero a due anni); la seconda infanzia (da due a sei anni); la fanciullezza (da sei a dieci anni); la preadolescenza (da dieci ai 14); l’adolescenza (dai 14 ai 18 anni).

Dunque, ogni fase il minore rappresenterà, via via, esigenze ed inclinazioni crescenti e diverse.

Come prevederle tutte anticipandone l’ammontare per poi ripartirlo di mese in mese? Ebbene, non si può.

La genitorialità, con le responsabilità che comporta, è un esercizio dinamico e lo è assai più dell’incedere giudiziario di un processo e, spesso, della stessa duttilità dei genitori separati a rivedere mansioni e contribuzioni.

La soluzione è data dalla prassi: afferma la giurisprudenza che sono straordinarie, salvo altro accordo dei genitori (in pratica le elencazioni più o meno complete all’atto di accordo o richiamo di protocolli in uso nei vari tribunali), quelle che al momento della decisione non erano prevedibili, ponderabili e che -per ammontare rilevante- costituiscono uno squilibrio al principio di proporzionalità che regolamenta la ripartizione tra genitori secondo proprie possibilità degli obblighi di mantenimento.

Ma la giurisprudenza è agamica, genera sé stessa sulla base degli stessi propri precedenti e non finisce di moltiplicare (senza necessità); e così, le spese straordinarie non sono tutte uguali ma si differenziano tra quelle che, pur prevedibili (spese straordinarie routinarie) non sono previamente quantificabili, dalle altre (spese propriamente straordinarie) che non sono prevedibili né nella loro verificazione, né nel loro ammontare.

Mentre le prime spese straordinarie saranno recuperabili già con il titolo decisorio già emesso (ad esempio la sentenza di separazione o di divorzio), le seconde lo saranno solo con nuova domanda giudiziaria (causa ordinaria).

Elemento comune alle spese straordinarie sarà, in ogni caso, la rilevanza ossia la capacità di queste di incidere sull’equilibrio di proporzionalità che ripartisce l’obbligo di mantenimento tra i genitori.

Avv. Francesco Angelo Tesoro

Scarica l’Ordinanza della Cassazione n. 7169/2024

Quanto pesa la relazione tra un bambino ed un genitore (sociale) per la legge?

Decisamente molto.

L’ordinanza in commento è una esegesi puntuale di una condizione umana, quella della bambina del cui futuro si decide, che ha trovato nella nuova unione familiare della madre con il suo nuovo compagno di vita, due figure genitoriali (madre appunto e padre sociale) accudenti e accoglienti.

La madre, difatti, dopo il naufragio della prima unione con il padre biologico della bambina, conveniva a nozze e così costituiva un nuovo nucleo che per la bambina costituiva contesto naturale di crescita. Sullo sfondo, cupo, restava il padre biologico che non si occupava della figlia; né dal punto di vista affettivo, né dal punto di vista economico.

Il padre, per così dire, sociale, faceva così domanda di adozione [disciplinati ex art. 44 lett. b) legge 184/1983 per i casi particolari]; domanda che trovava accoglimento sia in primo che in secondo grado.

Con l’ordinanza in commento la corte di cassazione ha stabilito che l’adozione (nei casi particolari) non è ostacolata dal dissenso del genitore biologico, in tal caso privato anche della responsabilità genitoriale per il suo disinteresse, poiché a prevalere sono i best interests of the child (i migliori interessi che la Convenzione dei Diritti del Fanciullo richiama) che nel caso in esame sono costituiti dal diritto del minore a vivere in un contesto familiare pieno ed equilibrato da due figure genitoriali egualmente accudenti.

Notoriamente, difatti, i bambini acquisiscono -da padre e madre secondo le specifiche di ognuno in base al sesso ed alle attitudini personali- base sicura di costituzione dell’IO.

Né osta all’adozione il dissenso del genitore biologico quando esso è marginale rispetto i sunnominati interessi o, peggio, immotivato.

Afferma, ancora la corte che non è necessaria la nomina di un curatore speciale per il minore giacché questa figura professionale è indispensabile nei casi di contrasto (anche solo ipotetico) di interessi tra il genitore rappresentante il minore in giudizio e le altre parti in causa. Il curatore, quindi, va nominato dopo attenta valutazione delle possibili cause di contrasto tra i diversi interessi.

A prevalere, nel merito, sono, quindi, i migliori interessi del fanciullo.

L’adozione in casi particolari è uno strumento efficace di affermazione legale alla prevalenza delle relazioni umane tra un bambino ed un adulto sulla genitorialità meramente biologica. Un istituto che sempre più costituisce mezzo di costituzione del vincolo di cui le famiglie ricomposte potranno beneficiare.

Avv. Francesco Angelo Tesoro

Scarica l’Ordinanza della Cassazione n. 9939/2024

L’Ordinanza in commento è rilevante per due ordini di ragioni che in essa vengono affrontati: “il diritto dei nonni a mantenere rapporti significativi con i nipoti” (art. 317 bis Cod. Civ.) e l’ascolto dei minori.

Quanto al primo argomento, la corte non si discosta dall’orientamento degli ultimi anni riconoscendo essa nella norma un diritto affievolito dalla lettura parziale dell’interesse dei minori.

Afferma difatti, la cassazione, che il diritto dei nonni è funzionale all’interesse dei minori (da identificarsi nel preciso vantaggio di una relazione gratificante e soddisfacente non già nell’assenza di ogni pregiudizio) e che, nel caso di specie, la conflittualità della coppia genitoriale, peraltro recrudescente proprio al momento del reinserimento dell’ascendente, consigliava un monitoraggio psicologico della bambina che, da quella conflittualità, era coinvolta.

L’inserimento della nonna era inopportuno anche perché mancava, nella minore, una mentalizzazione dell’ascendente che era assente dalla sua vita sin dal divorzio dei genitori.

Ebbene, pur comprendendo bene le ragioni espresse dalla corte di cassazione, emerge -a chi scrive- l’evidenza: la bambina aveva perso -sin dal divorzio- i contatti con la nonna tanto da non averla “mentalizzata” nella sua vita di relazione ed ora, perdurando la conflittualità tra i genitori esattamente (o più di quanto fosse al tempo del divorzio), non era il caso di inserirla ridondando più i rischi che i vantaggi.

Una autocelebrazione del fallimento del processo affidativo-divorzile che pecca, però, della supponenza elevata a supremo interesse (del minore).

Il processo divorzile-affidativo, con le innumerevoli sfumature di grigio che la sua declinazione pratica assume, è (o dovrebbe essere) una attenta valutazione non già del supremo interesse ma della ponderazione dei migliori interessi che compongono la vita di relazione del minore. Ogni errore, dato -in Italia- per lo più da misure stereotipate (già sanzionate dalla CEDU innumerevoli volte; per tutte: sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo del 22 aprile 2021 – Ricorso n. 41382/19 – Causa R.B. e M contro l’Italia) comporta conseguenze il più delle volte irreparabili (come la stessa cassazione riconosce: Ord. 643/2023 richiamando, bontà sua, la CEDU).

Nel caso in esame, il diritto che appare compromesso (non esaminato e nemmeno citato) è quello del minore a sviluppare la sua identità sociale e relazionale attraverso le sue origini biologiche (ascendenti): è noto che ognuno di noi si definisce attraverso un processo di auto-riconoscimento in relazione con gli altri. Il fatto, in buona sostanza, che la minore non abbia mentalizzato la figura della nonna è il danno al suo sereno sviluppo non la causa che ne sconsiglia il ripristino della relazione.

Né è possibile individuare elementi positivi (vantaggio di relazione gratificante e soddisfacente) nell’eventuale relazione laddove non c’è relazione.

Quanto al secondo argomento in commento, ossia il diritto dei minori di essere ascoltati, è noto -e fa bene la corte di cassazione a ricordarlo a sé stessa- che è un diritto imprescindibile (per i minori capaci di discernimento) ed ove venisse violato comporterebbe la nullità del processo.

Ma è nella declinazione pratica che i diritti devono trovare applicazione e non solo nei proclami.

Nel caso in esame la minore, afferma la cassazione, giustamente non veniva ascoltata per i rischi di vittimizzazione secondaria.

Nell’esperienza di chi scrive l’ascolto, di per sé, non comporta rischi. Si immagini un bambino che nella vita di tutti i giorni viene costantemente in contatto con la conflittualità genitoriale (come in questo caso) e, in queste condizioni, subisca pressioni, influenze ideologiche, suggestioni. E poi si immagini un setting d’ascolto neutro, con personale qualificato (psicologo, sociologo o magistrato qualificato) in cui il minore può esprimersi lasciandosi sfuggire, dai condizionamenti esterni, qualche informazione sulle proprie ambizioni, desideri, opinioni.

Dica chi legge se i rischi sono dati dall’ascolto o dalla riduzione al silenzio che la pratica giudiziaria attribuisce a quei casi (di elevata conflittualità genitoriale) dove più che in altri, il minore avrebbe diritto di parola (giusta o sbagliata che sia) sulla sua vita.

Si ritiene che l’elevazione di un supremo interesse sia spesso foriero di soppressione dei tanti migliori interessi.

E’ doverosa infine, una chiusa sulla dicotomia tribunale ordinario – tribunale per i minorenni che attribuisce al primo la maggior parte dei processi affidativi tra i genitori ed al secondo -come nel caso in esame- la regolazione delle relazioni con i nonni.

Chi scrive non vede necessità di ripartizione, anzi, pericoli di sovrapposizione e di ritardi nell’assunzione di decisioni uniformi. Non a caso il Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa (il 17 novembre 2010) sollecitava, tra l’altro, decisioni solerti quando si tratta di procedimenti coinvolgenti i minori.

Avv. Francesco Angelo Tesoro

Scarica l’Ordinanza della Cassazione n. 10250/2024

Si perviene alla disamina della pronuncia in parola che attiene ad un argomento assai frequente nelle dispute familiari: l’iscrizione scolastica ed il contrasto di opinioni tra genitori.

Secondo l’assunto della madre, ricorrente in cassazione, la scelta operata in appello non era maturata per confronto di offerte tra gli istituti proposti dai genitori, la distanza ed i costi (ella avrebbe preferito la scuola pubblica in luogo di quella privata).

Lamentava, ancora, la madre che la scelta ricadente su una scuola religiosa avrebbe leso il diritto del minore alla laicità del figlio la cui audizione, però, dava conto del suo desiderio di continuare gli studi nella scuola (privata) che aveva frequentato in precedenza.

Afferma, la corte, che la scelta -nel contrasto di opinioni tra genitori- debba essere orientata al benessere del minore che, in virtù di precedente CTU, aveva lasciato comprendere il suo bisogno di continuità e di stabilità.

Precisa la corte, poi, che la decisione -di cui era stato investito il giudice del merito- non poteva essere levata a censura dinanzi la corte delle leggi (n.d.r. la cassazione) ma che, comunque, era ben orientata al benessere del minore che aveva il diritto di mantenere le amicizie e la socialità che aveva costruito nel ciclo scolastico appena concluso.

Avv. Francesco Angelo Tesoro

Scarica l’Ordinanza della Cassazione n. 13570/2024

La sentenza della Corte di Cassazione n. 9442/2024 si pone come un tassello essenziale sul tema della ricorribilità dei provvedimenti di affido dei minori.

È noto, difatti, che in precedenza (ad es. Cass. 33612/2012 e 33609/2021) la Corte di cassazione si era pronunciata per la improcedibilità della devoluzione avanti ad essa corte poiché, così sosteneva, i provvedimenti di affido minori -non assumendo definitività- sarebbero sempre modificabili (Cass. SS. UU. n. 2953 del 1953).

Abbiamo, però, più volte assistito come principi ermeneutici della Corte abbiano trovato breccia.
Nel caso in esame la riflessione che è sopravvenuta è data, giustamente, a fare una ulteriore valutazione sul contenuto della decisione tesa a valorizzare la ricorribilità per ricorso straordinario laddove la posizione giuridica incida su diritti soggettivi fondamentali.

La fonte del diritto, nel nostro caso, è data dall’art. 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali ed è quello della vita familiare suscettibile di essere leso da quelle statuizioni che possano essere tanto limitative o in contrasto con la forma di affido scelto (il più delle volte condiviso) da non consentire la cooperazione tra genitori nel prendersi cura dei figli.
In effetti, la Corte, afferma che il c.d. diritto di visita non sia un diritto (ecce homo) e che esso indichi unicamente il tempo in cui il genitore non convivente possa tenere con sé il figlio ed esprimere, in quel tempo, non una visita ma l’insieme della cura, accudimento ed educazione che la responsabilità genitoriale impone.

Ebbene, i cd “best interests of the child” della Convenzione dei Diritti del Fanciullo, maldestramente tradotta ed ancor peggio interpretata in Italia come il supremo interesse, è in effetti un equilibrato contemperamento dell’insieme degli interessi che, nella declinazione concreta che un giudice ha il dovere di compiere nel decidere ogni caso specifico, dovrebbe elevare -tra i diversi interessi del minore- i migliori; interests, non a caso, è un plurale.

La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, dinanzi la quale il nostro Paese non a caso è stato più volte sanzionato, ha precisato che -ferma la libertà di ogni Stato di articolare nel concreto secondo il proprio ordinamento interno il diritto alla relazione familiare- non ci deve mai essere una compressione della relazione familiare oltre limiti minimi che possano comportare rischio di recisione della relazione stessa (cfr. Corte EDU, 4 maggio 2017 Improta c/ Italia; Corte EDU, 23 marzo 2017 Endrizzi c/ Italia; Corte Edu 23 febbraio 2017 D’Alconso c/ Italia; Corte Edu 15 settembre 2016 Giorgioni c/ Italia; Corte Edu 23 giugno 20165 Strumia c/ Italia;: Corte Edu 28 aprile 2016 Cimini c/ Italia).

La Corte Europea, dunque, ha precisato che il Paese membro debba garantire l’effettività della relazione (e della vita privata) non pronunciandosi con disposizioni stereotipate e intempestive poiché il semplice trascorrere del tempo può ledere i diritti al legame tra genitore e figlio.

Il principio anzidetto è stato recepito dalla Corte di Cassazione che ha ulteriormente elevato a principio nomofilattico l’assunto per cui il genitore non convivente ha il dovere-diritto a svolgere pienamente le sue funzioni di cura, educazione, istruzione ed assistenza morale anche nei cd pernottamenti dovendo comprendere ogni momento della vita.

È questa una decisione che ci lascia favorevoli giacché, come noto, un genitore non si spegne mai al calar del sole.

Avv. Francesco Angelo Tesoro

Scarica la Sentenza della Cassazione n. 9442/2024